[:it]
giovedì 7, venerdì 8, sabato 9 Dicembre 2017
ore 21,00
Akròama
presenta
Capone e Cosentino in
Farsa Nera
di e con
Valentina Capone e Andrea Cosentino
scena e costumi : Marco Nateri
assistente alla scena e costumi: Noemi tronza
light design e direzione tecnica: Lele Dentoni
video design : Stefano di Buduo (Aesop Studio)
effetti sonori: Valentino Carcassi
fonica: Nicola Pisano
maschera pulcinella: Stefano Perocco di Meduna
marionetta antonin artaud: Andrea Cosentino
“Farsa nera” è la riscrittura, in chiave tragicomica e alla luce del Macbeth shakespeariano, di un fatto di cronaca nera, “la strage di Erba”, avvenuta per mano di Rosa Bazzi e Olindo Romano l’11 dicembre 2006. Un primo nucleo di questo spettacolo, intitolato “Niente”, è stato presentato a luglio al Festival di Castiglioncello 2016. Farsa nera è lo sviluppo di quel primo studio.
Oltre la dinamica del delitto di coppia e le manifestazioni di follia a due, la cronaca nera è soprattutto un pretesto per poter indagare sulla percezione del Tragico oggi. Che cos’è il tragico? Come viene percepito nella nostra società? Ha ancora senso tentare di metterlo in scena? E cosa può il Teatro, di fronte all’autorappresentarsi ossessivo di un Reale che si manifesta nell’esibizione scandalosa di corpi martoriati e dettagli morbosi da parte dei media e della rete?
L’argomento de la “strage di Erba”, ovvero la trama, si conosce dai mass media: Rosa Bazzi, maniaca delle pulizie, del silenzio e dell’ordine, con il marito, il più mite e succube Olindo, massacrano la famiglia dei vicini del piano di sopra, compreso un bambino di tre anni, rei di disturbarli con i rumori più svariati a tutte le ore del giorno e della notte.
Così descritta sembrerebbe una tragedia elisabettiana dalle tinte forti; tale fu la violenza usata sui corpi delle vittime, ampiamente illustrata, per altro, dalla televisione e dai giornali, che in questi casi non si risparmiano in dovizia di particolari scabrosi. Rosa Bazzi come Lady Macbeth dunque, personificazione del male?
E però nel Macbeth ciò che avviene è un regicidio, si uccide per il potere e si perde il sonno per il rimorso: “non si dormirà più, Macbeth ha ucciso il sonno, l’innocente sonno”. Qui, invece, si uccide direttamente per dormire, per avere sonni tranquilli. Apparente inversione farsesca della tragedia, eppure a sua volta profondamente tragica.
“La vita è solo un’ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si agita per un’ora sulla scena e poi cade nell’oblio, la storia raccontata da un idiota, piena di rumori e di fragori che non significa niente”. (Macbeth, scena V – atto V)
Nella nostra tragedia contemporanea è questa insignificanza, è proprio questo niente al fondo delle storie degli uomini a venire prepotentemente in superficie.
Da “la Tragedia Scozzese” alla cronaca nera, quindi, passando per la comicità di una “pulcinellata” surreale: del testo di Shakespeare -la cui forza poetica osava un corpo a corpo con l’abisso dell’uomo- restano echi e frammenti che si insinuano tra interviste, confessioni, intercettazioni ambientali e telefoniche la cui dovizia di particolari è inversamente proporzionale alla capacità di illuminare quella porzione di male che è parte di noi.
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giovedì 7, venerdì 8, sabato 9 Dicembre 2017
ore 21,00
Akròama
presenta
Capone e Cosentino in
Farsa Nera
di e con
Valentina Capone e Andrea Cosentino
scena e costumi : Marco Nateri
light design e direzione tecnica: Lele Dentoni
video design : Stefano di Buduo (Aesop Studio)
effetti sonori: Valentino Carcassi
fonica: Nicola Pisano
maschera pulcinella: Stefano Perocco di Meduna
marionetta antonin artaud: Andrea Cosentino
“Farsa nera” è la riscrittura, in chiave tragicomica e alla luce del Macbeth shakespeariano, di un fatto di cronaca nera, “la strage di Erba”, avvenuta per mano di Rosa Bazzi e Olindo Romano l’11 dicembre 2006. Un primo nucleo di questo spettacolo, intitolato “Niente”, è stato presentato a luglio al Festival di Castiglioncello 2016. Farsa nera è lo sviluppo di quel primo studio.
Oltre la dinamica del delitto di coppia e le manifestazioni di follia a due, la cronaca nera è soprattutto un pretesto per poter indagare sulla percezione del Tragico oggi. Che cos’è il tragico? Come viene percepito nella nostra società? Ha ancora senso tentare di metterlo in scena? E cosa può il Teatro, di fronte all’autorappresentarsi ossessivo di un Reale che si manifesta nell’esibizione scandalosa di corpi martoriati e dettagli morbosi da parte dei media e della rete?
L’argomento de la “strage di Erba”, ovvero la trama, si conosce dai mass media: Rosa Bazzi, maniaca delle pulizie, del silenzio e dell’ordine, con il marito, il più mite e succube Olindo, massacrano la famiglia dei vicini del piano di sopra, compreso un bambino di tre anni, rei di disturbarli con i rumori più svariati a tutte le ore del giorno e della notte.
Così descritta sembrerebbe una tragedia elisabettiana dalle tinte forti; tale fu la violenza usata sui corpi delle vittime, ampiamente illustrata, per altro, dalla televisione e dai giornali, che in questi casi non si risparmiano in dovizia di particolari scabrosi. Rosa Bazzi come Lady Macbeth dunque, personificazione del male?
E però nel Macbeth ciò che avviene è un regicidio, si uccide per il potere e si perde il sonno per il rimorso: “non si dormirà più, Macbeth ha ucciso il sonno, l’innocente sonno”. Qui, invece, si uccide direttamente per dormire, per avere sonni tranquilli. Apparente inversione farsesca della tragedia, eppure a sua volta profondamente tragica.
“La vita è solo un’ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si agita per un’ora sulla scena e poi cade nell’oblio, la storia raccontata da un idiota, piena di rumori e di fragori che non significa niente”. (Macbeth, scena V – atto V)
Nella nostra tragedia contemporanea è questa insignificanza, è proprio questo niente al fondo delle storie degli uomini a venire prepotentemente in superficie.
Da “la Tragedia Scozzese” alla cronaca nera, quindi, passando per la comicità di una “pulcinellata” surreale: del testo di Shakespeare -la cui forza poetica osava un corpo a corpo con l’abisso dell’uomo- restano echi e frammenti che si insinuano tra interviste, confessioni, intercettazioni ambientali e telefoniche la cui dovizia di particolari è inversamente proporzionale alla capacità di illuminare quella porzione di male che è parte di noi.
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